EVOLUZIONE DELLA NATALITÀ
IN ITALIA E IN FRANCIA
Enrico Di Bella
- Professore Associato di Statistica Sociale presso l'Università degli Studi di Genova
-Vicedirettore del Dipartimento di Scienze Politiche e Internazionali (DiSPI)
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Intervista con
Alcuni sostengono che l'assenza di una forte politica familiare in Italia fino al Family Act di Elisa Bonetti sia dovuta alla volontà di rompere con le politiche di natalità del periodo fascista. È d'accordo con questa analisi?
"In parte si ma non totalmente. Probabilmente si è evitato di avvicinarsi troppo a politiche che si avvinassero troppo a quelle del periodo fascita ma credo anche che vi siano stati altri fattori. Il calo della natalità in Italia si è concretizzato per lo più negli anni '70 e il baby boom è stato probabilmente un anticipo di comportamenti riproduttivi. Penso che ci sia stata una sottovalutazione del problema in un momento di profonda revisione del concetto di famiglia. Il declino demografico non è solo dovuto all'assenza di politiche familiari in Italia. Tutto il mondo sta passando attraverso una fase di drastico calo della natalità che dipende dal cambiamento della società e dei comportamenti riproduttivi. Dall'altra parte i modelli familiari stavano cambiando. La legge sul divorzio, la legge sull'aborto, la secolarizzazione della società, la diffusione degli anticoncezionali hanno forse proiettato i comportamente riprottuovi nell'ambito della sfera pienamente personale, individuale. In epoca fascita i figli erano in un qualche modo legati alla forza del paese."
I demografici spiegano che il calo della natalità e della popolazione non sono problemi in sé, ma semplicemente nuove questioni da affrontare. È d'accordo o pensa che l'Italia sia in grave crisi, come dicono gli giornalisti e istituti di statistica?
"Sono d'accordo con i colleghi demografici. Si tratta di trovare un nuovo equilibrio. A partire dagli anni '50 di questo secolo attraverseremo anni difficili con pochi giovani su cui peserà il carico sociale di molti anziani. Questo è il risultato della transizione sanitaria e del regime post transizionale in cui ci troviamo oggi. Non vedo nulla di preoccupante nell'essere di meno. Il problema è comunque riportare i tassi di natalità a livelli che permettano di sostenere il carico sociale delle generazioni future. Sono convinto che a fine secolo questo equilibrio verrà raggiunto. Il 2100 sarà invece il secolo del declino demografico dell'asia e dell'africa. Già oggi la cina inizia a vedere all'orizzonte i problemi del declino demografico."
Il calo della natalità e della popolazione si ripercuote su molti settori, come l'economia, la salute e la gestione del territorio. Ha qualche esempio di cambiamenti dovuti al calo demografico nell'area di Genova o in Italia in generale?
"Sicuramente gli elementi più evidenti sono la sostenibilità del sistema sanitario e del sistema pensionistico. Ma l'impatto sul mercato del lavoro è altrettanto evidente. Abbiamo bisogno di aumentare significativamente la produttività del lavoro se la forza lavoro è destinata a diminuire."
Una delle cause del calo demografico è l'età media delle donne al primo figlio (31,3 anni, la più alta in Europa). Questa età è spiegata da una tarda indipendenza finanziaria, un forte attaccamento alla famiglia, ecc. È possibile (o auspicabile) cancellare queste realtà italiane?
"Il calo della natalità è un fenomeno sociale comune a tutto il mondo. Il progresso della società ha ampliato la possibilità di scelta per uomini e donni e questo ampliamento ha evidenziato che avere figli diventa sempre più una seconda o terza scelta. Se la natalità è calata in maniera così rilevante è perchè nel costo-opportunità dei figli il costo (non solo economico) e divenuto maggiore rispetto al beneficio di essere genitore. Bisogna mettere in atto politiche che rendano essere genitore più "conveniente" in senso ampio che non esserlo."
Secondo Lei, questo fenomeno sta partecipando alla divisione del Paese in due, con un Nord meno colpito e un Sud che si spopola lentamente?
"La divisione nord/sud funziona sino a un certo punto. Se è vero che il sud ha uno sviluppo economico più contenuto il nord offre un modello di vita meno compatibile con l'avere dei figli. Le scelte riproduttive sono il risultato di complessi fattori sociali che fanno riferimento ai percorsi di vita delle persone e alle possibilità di scelta che sono date."